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Lavoro

Furbetti della Naspi, addio: giro di vite su chi si assenta dal lavoro per avere l’assegno di disoccupazione

Published by
Emiliano Fumaneri

Tempi duri per quei dipendenti che hanno escogitato uno stratagemma furbesco per abbandonare il lavoro senza perdere il diritto all’assegno di disoccupazione.

Il nuovo Ddl lavoro, recentemente approvato, introduce anche un giro di vite sui cosiddetti “furbetti della Naspi”. Su quei dipendenti cioè che si assentano dal lavoro in maniera ingiustificata per farsi licenziare e prendere la disoccupazione.

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Col cambio di regole sull’assenza ingiustificata, se il lavoratore si assenta senza motivo valido oltre il termine fissato dal contratto collettivo applicato al rapporto lavorativo o, in mancanza di questo, per oltre 5 giorni, il rapporto va considerato risolto per volontà del lavoratore. Ovvero per dimissioni volontarie. Con la nuova stretta non sarà più dunque il datore di lavoro a dover licenziare il lavoratore dipendente per assenza ingiustificata.

Furbetti della Naspi, come funziona il trucco

La nuova normativa va dunque a colpire la pratica scorretta da parte di quei dipendenti che, intenzionati a dimettersi dal lavoro ma meno disponibili a perdere l’assegno dell’indennità di disoccupazione (la Naspi) hanno architettato un escamotage. Il trucco consisteva nel non presentarsi al lavoro senza fornire alcuna giustificazione. In modo da farsi licenziare per assenza ingiustificata. È il classico stratagemma che risponde al motto “fatta la legge, trovato l’inganno”. Infatti per il Ministero del Lavoro, prima del cambio di regole, l’assegno di disoccupazione spettava anche al dipendente licenziato per giusta causa.

Insomma, con questo trucchetto dell’assenza ingiustificata i furbetti della Naspi andavano a nozze, come si suol dire. In questa maniera costringevano di fatto il datore di lavoro a licenziarli e al tempo stesso riuscivano a non perdere la Naspi che, come noto, non spetta al lavoratore che abbia presentato le dimissioni volontarie.

Un comportamento come questo però costituiva palesemente un atto illecito. E non soltanto verso l’Inps: anche nei riguardi del datore di lavoro, costretto a pagare il cosiddetto ticket Naspi, cioè la tassa di licenziamento che serve a finanziare l’assegno di disoccupazione. Oltre il danno la beffa, in altre parole. Per questo motivo la Corte di Cassazione in passato ha stabilito che, in caso di licenziamento per assenza ingiustificata, il datore di lavoro aveva diritto a chiedere il risarcimento del danno al dipendente. Un risarcimento, da decurtare dall’ultima busta paga, pari proprio al ticket Naspi.

Ddl lavoro, come cambiano le regole sull’assenza ingiustificata

Per mettere fine al malcostume di chi si fa licenziare apposta per avere la Naspi, il Governo Meloni sta modificando la normativa sulle assenze ingiustificate. In sostanza, in caso di dimissioni se il dipendente protrae la sua assenza immotivata oltre il termine fissato dal CCNL (il contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro) oppure, se il contratto non indica un termine, per un periodo superiore a 5 giorni, il rapporto di lavoro è da considerarsi risolto per volontà dello stesso lavoratore.

Così facendo non servirà più il licenziamento per assenza ingiustificata. E il lavoratore scorretto non potrà più avere la Naspi.

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