Reddito di cittadinanza, cosa attende chi lo perderà tra sette mesi?

Secondo il governo per la formazione dei percettori occupabili del Rdc potranno essere messe in campo le risorse del Fondo sociale europeo, da poco rifinanziato dalla Commissione Ue.

Al momento però l’unico programma attivo sembra essere quello finanziato dal Pnrr, che non sembra considerare poi così “occupabile” la maggioranza dei percettori del beneficio. Viene da chiedersi cosa succederà il prossimo agosto a chi potrebbe trovarsi ancora senza lavoro e senza più il sostegno al reddito.

Il giro di vite sul reddito di cittadinanza in manovra di Bilancio, come si ricorderà, è stato uno dei temi affrontati da Giorgia Meloni nella conferenza stampa di fine anno. In risposta a una domanda di Avvenire, il premier aveva spiegato gli obiettivi dell’esecutivo sui percettori del reddito considerati occupabili. Per il loro il sussidio, com’è noto, passa dai precedenti 18 mesi ai 7 mesi di adesso, incluso un semestre di formazione obbligatoria.

L’intento del governo, aveva detto il presidente del Consiglio, è quello di «trovare loro un’occupazione e senza più mantenere anche persone perfettamente in grado di lavorare». Entrando nel merito delle risorse però il premier aveva lasciato intendere che anche i 14,4 miliardi del Fondo sociale europeo potessero essere impiegati da subito per finanziare la riqualificazione dei disoccupati del reddito di cittadinanza.

Il problema, come ha ricordato la stessa Meloni, è che l’Italia finora è stato uno dei Paesi europei che meno ha utilizzato il Fondo. Ma anche volendo cambiare velocità di marcia, serviranno progetti coerenti per riqualificare i disoccupati. Che però spetta prima di tutto alle regioni presentare, perché da Costituzione è su di loro che ricade la responsabilità della formazione.

Il programma attualmente in campo per riqualificare i disoccupati

Dunque cosa può mettere davvero in campo il governo per cercare un lavoro a chi, tra sette mesi, perderà il reddito di cittadinanza (percepito, va ricordato, non perché disoccupato, ma in quanto in condizione di povertà assoluta)?

Il governo ha parlato di una formazione obbligatoria per i disoccupati del Rdc, la stessa alla quale già oggi sono obbligati: quella fornita attraverso il programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori (Gol) che andrà a regime nel 2023 e finanziato con 4,4 miliardi europei legati agli obiettivi del Pnrr.

Secondo la nuova definizione governativa, il beneficiario occupabile – sono esclusi da questa definizione i nuclei familiari con figli minori, disabili e over 60 – deve sempre attivarsi presso i centri per l’impiego. In caso contrario perderà il reddito di cittadinanza.

Successivamente i centri per l’impiego profileranno le persone dopo un colloquio orientativo per poi inserirli – è questa la novità di Gol – in quattro distinti percorsi (o cluster) in base alla loro distanza dal mercato del lavoro.

Occupabili? Sì, ma non tanto…

Ma come confermato dal recente monitoraggio di Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, gran parte di quelli considerati occupabili dall’esecutivo lo sono in misura minore rispetto agli altri disoccupati. Tanto è vero che il 65% di loro rientra nei due ultimi cluster. Si tratta dei gruppi che comprendono disoccupati “lontani dal mercato con competenze non adeguate ai fabbisogni richiesti” e quelli di “casi di bisogni complessi, con ostacoli che vanno oltre la dimensione lavorativa e prevedono l’attivazione di servizi educativi, sociali, socio-sanitari e di conciliazione”.

Inoltre le regioni dove vive la maggioranza di quelli che percepiscono il Rdc – vale a dire il Sud – sono anche quelle più rappresentative dei due cluster. Ciò significa che chi non è poi così occupabile come pensa il governo risiede nel Mezzogiorno. Dove è ben noto che le opportunità lavorative sono ridotte. Salvo miracoli da parte del corso di formazione semestrale, c’è quindi il rischio concreto che alla fine dei sette mesi di reddito di cittadinanza concessi dal governo la gran parte di questi “occupabili” si trovino al tempo stesso ancora senza un lavoro e privi di qualunque sostegno.

Fino ad ora, come ha denunciato a più riprese anche la Caritas, il reddito di cittadinanza è stato percepito da circa 1,8 milioni di famiglie in stato di povertà assoluta. Ma è meno della metà (il 47%) di chi ne avrebbe bisogno.

Una percentuale che appare destinata a calare ancora, perché già il prossimo agosto molti non avranno mezzi per  tirare avanti.

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