Riforma fiscale, una tassa anche solo per fare domande? Ecco cosa ha in mente il Governo

Il governo Meloni è al lavoro sulla riforma del Fisco. Tra le ipotesi c’è anche quella di chiedere un contributo a chi fa domande all’Agenzia delle Entrate.

Lo prevede un articolo contenuto nella bozza della riforma fiscale vagliata dall’esecutivo di centrodestra. In arrivo una tassa anche per fare domande sulle tasse? Ecco di cosa si tratta. Intanto c’è già chi protesta.

richieste del Fisco
Nursenews

Grandi manovre sulla riforma del Fisco. Il governo guidato da Giorgia Meloni sta concentrando i suoi sforzi sulla bozza della riforma fiscale. Che comprende, come si può immaginare, una vasta gamma di misure. Tra le quali provvedimenti sulle aliquote Irpef o sulla flat tax per i lavoratori dipendenti e diverse altre possibili novità al vaglio dell’esecutivo. Ce n’è anche una che mira a dare un taglio al numero di richieste inoltrate all’Agenzia delle Entrate. Per scremare le domande il governo starebbe pensando a un “filtro” pecuniario. Si tratta semplicemente di introdurre l’obbligo di pagare quando si richiede un’informazione.

Soltanto nel 2022 l’Agenzia delle Entrate ha dovuto rispondere a decine di migliaia di richieste. Per l’esattezza parliamo di quasi 18 mila richieste. È questa la cifra comunicata dal direttore dell’Agenzia, Ernesto Maria Ruffini. Evidentemente troppe per il governo, che quindi sta pensando a qualche misura per alleggerire il carico di lavoro per i dipendenti del Fisco, senza per questo diminuire – anzi, al contrario – le entrate.

Troppe domande al Fisco, il governo pensa a una sforbiciata

Aumentare le entrate e diminuire le domande al Fisco. All’interno di questo perimetro la maggioranza di centrodestra cerca di trovare la quadra. In questa direzione si muove infatti l’articolo 4 della bozza circolata. Si parla in previsione di «subordinare l’ammissibilità degli interpelli al versamento di un contributo».

Ma quanto dovremo pagare per fare domande all’Agenzia delle Entrate? L’importo del contributo, a quanto si sa, dipenderà da due fattori almeno:

  • chi pone la domanda: ovvero quale tipologia di contribuente;
  • quale tipo di domanda sta facendo il contribuente.

Nelle intenzioni del governo, poi, il denaro raccolto in questo modo dalle casse dello Stato andrebbe destinato alla formazione professionale dei dipendenti dell’Agenzia delle Entrate.

Interpelli al Fisco: ipotesi veto su alcune richieste

Ma non è l’unica mossa a cui sta pensando l’esecutivo per mettere un freno alla mole di domande rivolte all’Agenzia delle Entrate. A Palazzo Chigi pensano anche a un’altra possibilità, attualmente in discussione. In questo caso si tratta di mettere un veto ai contribuenti di piccole dimensioni che non potranno interpellare il Fisco in questioni risolvibili attraverso i servizi di assistenza rapida. In pratica, quelle questioni che possono essere risolte consultando i chat bot presenti sul sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate. O ancora grazie alle FAQ che si trovano nella sezione dedicata alle domande più frequenti dei contribuenti.

Insomma, tra non molto anche per fare domande sulle tasse da pagare potremmo vederci costretti a pagare una… tassa. Un po’ come accade ai malcapitati protagonisti della celebre sequenza di Non ci resta che piangere, l’intramontabile film del duo Benigni-Troisi dove i due compagni, catapultati non si sa come in pieno Rinascimento, si vedono subissare di richieste alla dogana. E devono fare i conti con un casellante piuttosto zelante (anche troppo) che per ogni minima mossa chiede loro il versamento del fatidico “fiorino”.

Riforma fiscale, la protesta dell’Associazione nazionale forense

I progetti del governo cominciano già a suscitare le prime reazioni. Ad esempio l’Associazione nazionale forense ha bollato la misura in progetto come qualcosa di «francamente sconcertante». Per il sindacato degli avvocati italiani così facendo il Fisco finirebbe per «arroccarsi nella propria torre d’avorio». Sarebbe un autogol clamoroso, prosegue l’Anf, voler «fare cassa su uno strumento che è indispensabile ogni giorno a migliaia di cittadini e professionisti». Meglio sarebbe trovare «più risorse per l’Agenzia delle Entrate». Ma questo sforzo non può certo avvenire «imponendo una gabella su un servizio che ha la funzione di dare indicazioni e spiegazioni al contribuente».

Nessuno nega che la mole di interpelli che deve fronteggiare l’Agenzia delle Entrate sia imponente. Si tratta sicuramente di un quantitativo di richieste «non indifferente» riconosce Giampaolo Di Marco, segretario generale dell’Anf. Ma resta il fatto, sottolinea Di Marco, che «il personale dell’Agenzia delle Entrate e delle altre Agenzie fiscali dovrebbe lavorare al servizio dei contribuenti e dei cittadini».

E per quel che concerne l’ipotesi al vaglio del governo – cioè quella di mettere un tetto agli interpelli da presentare al Fisco, consentendo soltanto quelli che non trovano già risposta all’interno delle Faq o in altri documenti ufficiali dell’Agenzia delle Entrate – Di Marco commenta così. Si tratta di una misura che si prefigge, con ogni evidenza di «valorizzare il principio di certezza del diritto», spiega Di Marco. Ma la misura di cui si parla sembra poco congruente con questo scopo. Infatti in questo caso «sfugge come il pagamento di un contributo per la richiesta di chiarimenti si avvicini a tale fine».

Infine nel suo comunicato l’Associazione nazionale forense chiude con un auspicio. Ovvero che governo e Parlamento «si rendano conto del grave errore che rischiano di fare, perché una legge di riforma fiscale che parte con un fisco più rapace, con misure vessatorie come quella che limita con gabelle i diritti dei cittadini, non è certo un buon viatico».

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