Negozi cinesi, pagano le tasse? Quali sono i veri guadagni

Inutile girarci intorno, ci sono delle situazioni che più che mai incuriosiscono praticamente tutti. Alcune domande che ci si pone da sempre.

Una domanda che in molti si pongono, in realtà si tratta di molto più di una semplice domanda, stiamo parlando in un certo senso di una vera e propria specifica riflessione, riguardante in modo molto più netto il contesto specifico che riguarda in qualche modo numerose città italiane. Parliamo dell’approccio, spesso complesso con la comunità cinese presente in Italia. Le regole, gli affari e quel modo di vivere e lavorare di cui spesso sappiamo davvero niente, o quasi.

Negozio cinese in Italia
Nursenews

Spesso ci si scontra con l’idea che si può avere rispetto a quella che viene definita il più delle volte come “invasione cinese”. Nella maggior parte dei casi il riferimento è chiaramente al numero realisticamente importante di negozi al dettaglio ma anche all’ingrosso che vediamo sorgere come funghi in qualsiasi località della nostra penisola. A quel punto ci si domanda di tutto. Come nasce, come si sviluppa questo specifico fenomeno, e soprattutto quanto guadagnano realmente queste attività commerciali.

Il tratto distintivo di ogni tipologia di attività in questione è senza dubbio il risparmio assoluto che si ha andando a spendere in certi negozi rispetto ad altri. Nello specifico parliamo di qualsiasi articolo, spesso, certo, di qualità nettamente più scadente di quanto è possibile trovare altrove, ma che spesso per rapporto qualità prezzo risulta assolutamente conveniente in ogni caso. Se pensiamo alle possibilità di guadagno di tali attività allora bisogna prendere in considerazione alcuni specifici fattori.

Pensiamo per esempio al luogo in cui sorge la stessa attività, è chiaro che, cosi come può valere per qualsiasi altra impresa, il luogo può determinare maggiori o minori guadagni. Stando ai dati aggiornai per il periodo 2021-2022, si può parlare di incassi medi oscillanti tra i 3mila e i 4mila euro al mese.

Secondo i numeri forniti dalla Camera di Commercio di Milano sono circa 50mila, gli imprenditori cinesi nel nostro paese. Le imprese risultano nello specifico in maggioranza a Milano, con circa 5mila titolari, Prato, 5.245, Firenze con quasi 4mila piccole attività, Roma con oltre 3mila e Napoli con circa 2.500 imprese cinesi, tutte imprese che fatturano realisticamente parlando abbastanza bene. Altro dato che fa molto discutere, riguarda la qualità dei pagamenti ai propri commessi degli imprenditori cinesi.

Sono moltissimi gli italiani che lavorano per imprese cinesi che per una giornata lavorativa di circa 8 ore percepiscono circa 600-700 euro al mese, pagati sempre con estrema precisione. Diversamente invece agiscono gli imprenditori italiani che mediamente pagano per la stessa tipologia di lavoro e per le stesse ore, circa 500 euro in media mensili.

Mistero dei nostri giorni: questione controlli ed evasione fiscale

In merito poi a quanto dichiarato dal Registro Imprese, parliamo dunque di dati raccolti, possiamo parlare di quasi 20mila imprenditori di nazionalità cinese attivi nel settore commerciale, più circa 17mila in quello manifatturiero. 7mila, invece, le imprese attive nel settore della ristorazione e degli alloggi, oltre poi circa 4mila attività concentrate nel servizio alla persona. Toscana prima per quel che riguarda il settore manifatturiero (7.485 imprese su 17.572 in Italia, 42,5% nazionale), mentre la Lombardia è prima per presenza di ristoratori e baristi (2.564 imprenditori su 7.131, 36% nazionale) e fornitori di prestazioni alla persona (1.908 su 4.775, il 40%).

Il successo delle attività cinesi dipenderebbe secondo i dati forniti dai vari enti soprattutto per l’instancabile capacità di mantenere ritmi lavorativi costanti. Si stima che i cinesi siano tra i più puntali in assoluto per quel che riguarda pagamenti, emissione di scontrini e capacità di produrre profitto. Mai risulta, inoltre, l’accensione di prestiti, mutui e quant’altro per l’avvio delle proprie attività, altro dato importante che spesso interroga le specifiche istituzioni del nostro paese.

Nei mesi scorsi, in Veneto numerose sono state le iniziative delle forze dell’ordine di settore e della politica, con l’istituzione di specifiche commissioni, per provare a definire al meglio il fenomeno che riguarda le attività commerciali cinesi per quel che riguarda il territorio di Venezia. Attività chiuse prima di eventuali controlli, forte evasione fiscale e poca chiarezza rispetto alla provenienza dei soldi che di fatto danno vita all’apertura di sempre nuove imprese. Questi i punti, insomma, che risaltano più di tutti gli altri.

“Il quadro emerso – ha detto il presidente della commissione, Andrea Zanoni (Pd) – è preoccupante. Per determinate comunità straniere si registra un importante fenomeno di evasione fiscale e una conseguente concorrenza sleale”.  “Positivo che la Regione abbia sottoscritto diversi protocolli d’intesa con la GdF”, ha dichiarato, inoltre, il vicepresidente Roberto Bet (Lega). Raffaele Speranzon (FdI), è invece dell’idea che probabilmente sarebbe il caso di “pretendere fidejussioni bancarie agli stranieri che vogliono aprire una partita Iva”. La politica, insomma, prova a comprendere al meglio le dinamiche di questo specifico fenomeno.

Impostazioni privacy