Sigarette, rischio altissimo per i bambini: dove si nasconde il fumo di ‘terza mano’

Non ci sono solo i rischi del fumo attivo e di quello passivo. Già da decenni si conoscono altri pericoli associati al tabacco, soprattutto per i più piccoli.

E non solo. Oltre alle tradizionali sigarette a tabacco bruciato c’è anche il problema delle sigarette elettroniche. Un esperto in materia ricorda cosa si rischia.

fumo pericoloso per i figli
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Da anni gli italiani sono a conoscenza dei danni provocati dal fumo attivo, ovvero dalla classica tirata di sigaretta da parte del fumatore, ma anche dei danni del fumo passivo. Cioè quelli causati dal fumo che inaliamo indirettamente – e involontariamente – respirando le esalazioni della sigaretta di chi ci fuma accanto.

Sul tema la sensibilità è notevolmente cresciuta negli ultimi anni e grazie anche alla legge Sirchia del 2003 il rischio del fumo passivo si è parzialmente ridotto. Anche se ancora c’è parecchio lavoro da fare. Ad esempio, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, sono meno della metà (45%) i fumatori che non permettono agli ospiti di fumare in casa propria (nel 2019 erano di più: il 48,9%). Va decisamente meglio nel caso degli ex fumatori: il 75,4% non consente di fumare in casa (contro il 74,9% del 2019). La percentuale si alza ancora nel caso dei non fumatori, arrivando all’83,5% (nel 2019 erano l’80,4%). Preoccupa in particolare il 22,6% di fumatori che dichiara di esporre i bambini al fumo passivo. Percentuale che cala al 5,5% tra gli ex fumatori e al 4,7% tra i non fumatori.

Di strada dunque ce n’è davvero ancora molta da fare sul fronte del fumo passivo.

Fumo di ‘terza mano’: in cosa consiste e cosa si rischia

Meno noto forse però è un altro dei tanti pericoli del fumo: il cosiddetto fumo di “terza mano”. Ne ha parlato al ‘ìFatto Quotidiano’ il dottor Giacomo Mangiaracina, esperto in Salute pubblica e presidente dell’Agenzia nazionale per la prevenzione.

In che cosa consiste il fumo di terza mano? L’esperto lo definisce la «deposizione di microparticelle di condensato bituminoso presenti nel fumo espirato che si disperde nell’aria». Tutti quelli che hanno passato gli “anta” ricordano bene come il fumo rimanesse letteralmente “appiccicato” sui nostri vestiti dopo qualche ora passata all’interno di un locale saturo di fumo di sigaretta.

Ecco, il fumo di terza mano è esattamente questo: fumo che si appiccica su qualunque superficie. In modo particolare su stoffe e tappezzerie delle case di fumatori, oltre che sulle loro automobili. Motivo per il quale sul mercato dell’usato vengono pure deprezzate. Ma il problema maggiore, sottolinea Mangiaracina, consiste nel fatto «che questo microparticolato viene nuovamente disperso dalle superfici all’ambiente e pertanto può essere inalato nuovamente».

Le evidenze sulla pericolosità del fumo di terza mano, ricorda poi lo specialista, risalgono almeno alla fine degli anni ’90. A essere più danneggiati sono i bambini. Esposti al fumo attivo o passivo di genitori fumatori, i più piccoli sono quelli che più rischiano di ammalarsi di asma.

Fumo di terza mano: anche i vestiti sono pericolosi

E non è tutto: anche i vestiti impregnati di fumo da tabacco possono rivelarsi tossici per chi sta vicino a chi li indossa. L’esperto parla di un «problema ‘a metà’». Vale a dire che quello dei vestiti costituisce «un danno minore rispetto a quello delle superfici contaminate di casa e delle auto». Sul tema dei vestiti intrisi di fumo non ci sono studi specifici, ma ci si arriva «semplicemente per deduzione logica».

Il «problema vero», insiste il dottor Mangiaracina, è «respirare il particolato di casa e delle auto». Per risolvere il problema dei vestiti possiamo regolarci facilmente portandoli in lavanderia ogni due settimane. Possiamo considerarlo uno dei costi aggiuntivi del fumo, insieme alla pulizia dentale. La cosa veramente difficile, ricorda lo scienziato, è «togliere il particolato da case e auto». Tanto che a volte bisogna ricorrere a ditte di pulizie specializzate.

Sigarette elettroniche: caratteristiche e rischi

Un altro problema è quello delle sigarette elettroniche. Si tratta di prodotti, fa osservare il dottore intervistato dal Fatto Quotidiano, che provocano un danno minore. Che però, attenzione, non significa assenza di danno. Ci sono naturalmente delle differenze tra i vaporizzatori (come appunto le sigarette elettroniche e i dispositivi a tabacco riscaldato) e le classiche sigarette a tabacco bruciato. I primi vaporizzano del tabacco o del gel. Vaporizzando il tabacco a una temperatura di 350 gradi si producono residui carboniosi, mentre il gel si vaporizza a temperature molto più basse. Ad ogni modo, spiega Mangiaracina, «non si producono residui bituminosi a base di 3-4 benzopirene, come avviene per la combustione delle sigarette».

In questi dispositivi dunque il problema della contaminazione del fimo di terza mano risulterebbe «minimale», come sarebbe «ridotta» anche «la contaminazione passiva per le esalazioni di vapore». Resta comunque auspicabile, fa notare lo specialista, l’imposizione di «misure restrittive che impediscano agli ‘svapatori’ di contaminare terzi». Perché come detto, il danno, seppure minore, non è affatto assente. «Dunque, sono giustificati i divieti anche per le sigarette elettroniche come per le pestifere sigarette di tabacco»., conclude Mangiaracina.

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